Tradotto: Joseph Conrad
È conosciuto da tutti con il nome di Joseph Conrad: luminoso esponente della letteratura moderna in lingua inglese, abilissimo costruttore di atmosfere con il suo lessico multiforme e la sua vivida perizia descrittiva, veniva a mancare cent’anni fa nella sua dimora di Bishopsbourne, nel Kent. Ebbene, per lui l’inglese non era nemmeno la seconda lingua, bensì la terza.
Józef Teodor Konrad Nałęcz Korzeniowski nacque il 3 dicembre 1857 a Berdyčiv (odierna Ucraina), in quello che all’epoca era territorio della Piccola Russia zarista e che, sino allo smembramento del 1793, aveva fatto parte della Polonia. Il padre Apollo, da buon letterato, aveva tradotto in polacco alcuni scritti di Victor Hugo, oltre a The Comedy of Errors di William Shakespeare e Hard Times di Charles Dickens. Queste precoci letture erano state per il piccolo Józef rivelatrici: una in particolare, Les travailleurs de la mer di Hugo, gli aveva aperto le porte di quello che sarebbe divenuto un caposaldo della sua scrittura adulta: il complesso rapporto tra l’essere umano, il lavoro e il mare. Non a caso, nell’ottobre del 1874, il quasi diciassettenne Józef decise di lanciarsi alla scoperta del continente azzurro: una volta recatosi a Marsiglia, s’imbarcò sul Mont-Blanc, veliero che batteva vessillo francese, sul quale ebbe inizio la sua ventennale carriera per mare. Fu però quattro anni più tardi, nel 1878, che venne a compimento il suo destino: costretto ad abbandonare Marsiglia, si arruolò nella marina mercantile inglese. Le traversate erano lunghe e faticose, ma gli consentirono di imparare la lingua e rifornirono quell’enorme bagaglio di aneddoti e storie di mare che si sarebbero poi convertiti nei suoi celeberrimi racconti. Le ambientazioni percorse dai suoi personaggi corrispondono infatti a quelle da lui stesso esplorate: dagli atolli caraibici di Nostromo al caotico porto di Bombay in The Nigger of the “Narcissus”, passando attraverso i paesaggi malesi di Lord Jim, fino a risalire le terribili anse del fiume Congo nel celeberrimo Heart of Darkness.
Tra le opere conradiane, l’edizione che si vuole qui porre in evidenza appartiene al Fondo Capretti, che raccoglie un’interessante collezione di libri appartenuti alla nota famiglia bresciana, il cui nome si lega alla fondazione dell’Editrice Morcelliana. Il volume in questione è una ristampa del 1923 del romanzo breve intitolato Typhoon, nella traduzione francese di André Gide, pubblicata nel 1918 sulle pagine della Nouvelle Revue Française. L’opera originale, redatta tra il 1899 e il 1901, era uscita a puntate sul quadrimestrale londinese Pall Mall Magazine tra il gennaio e il marzo del 1902: in forma integrale era invece stata stampata prima a New York dall’editrice Putnam (1902) e successivamente in Regno Unito dalla Heinemann (1903), sotto forma di raccolta, con il titolo di Typhoon and Other Stories. La particolarità di quest’edizione sta nel fatto che il traduttore è André Gide, illustre scrittore francese (Premio Nobel per la letteratura nel 1947), nonché supervisore del progetto delle opere complete di Conrad per Gallimard: proprio per questo motivo Typhoon rimase per molto tempo l’opera conradiana più conosciuta in Francia.
L’influenza esercitata da Conrad su Gide si legge anche nel suo Voyage au Congo (1927), diario di viaggio anti-colonialista dedicato appunto “a la mémoire de Joseph Conrad”, sul quale incombe come uno spettro l’ombra di Heart of Darkness. Gide stesso rivelerà: “lo sto rileggendo per la quarta volta. È solo dopo aver visto il paese che mi rendo conto di quanto sia ben scritto”. Gide conobbe Conrad nel luglio del 1911 e i due strinsero ben presto un legame di amicizia e stima reciproca, che si consolidò ulteriormente nel 1916, anno in cui Gide terminò la traduzione di Typhoon e supervisionò il lavoro di Isabelle Rivière, alle prese col romanzo Victory. I due intellettuali, il cui rapporto non fu sempre idilliaco per via di alcuni screzi dovuti a certe scelte editoriali del francese, erano però in costante contatto e si confrontavano apertamente su questioni legate alla traduzione. Proprio leggendo le bozze del Typhoon tradotto da Gide, Conrad aveva acquisito una nuova consapevolezza riguardo alla sua stessa opera, una consapevolezza che lasciava però spazio ad alcuni punti interrogativi, espressi così in una lettera del 1917 al suo agente James Brand Pinker: “non ero del tutto consapevole del fatto che Typhoon fosse così profondamente inglese. Ci sono passaggi il cui significato non può proprio essere veicolato in francese”. Emergeva qui il nocciolo dell’annoso dibattito tra i puristi della traduzione intesa come limpida trasposizione del testo e, dall’altro lato, coloro che la concepivano come vera e propria creazione letteraria: tale dibattito, che rappresenta tuttora un dilemma irrisolto, assume connotati ancor più intriganti quando a tradurre è un autentico scrittore, come nel caso di Gide. In questi frangenti, il confine tra fedeltà al testo originale e leggibilità del prodotto finale si fonde con l’autorialità del traduttore, saldandosi in un compromesso che travalica la prassi e descrive i presupposti di un punto di vista nuovo e altro.
Fu proprio a partire dalla convinzione che una traduzione elaborata da uno scrittore possedesse una potenza espressiva differente che, nel 1983, prese vita il progetto editoriale della collana Einaudi “Scrittori tradotti da scrittori”. Ideato e seguito da Giulio Einaudi in persona, con l’obiettivo di dare un nuovo spolvero alla casa editrice, il progetto, che si fondava sull’accuratezza filologica delle traduzioni e sul principio della traduzione come ri-creazione, si protrasse fino all’alba del nuovo millennio: si proseguiva sulla falsariga della collana “Narratori stranieri tradotti”, curata da Natalia Ginzburg e Cesare Pavese, in linea con i principi di editoria illuminata “di cultura e di durata” promossi da Giulio Einaudi in sinergia con Leone Ginzburg, l’altro storico fondatore. A proposito di Conrad, fu nell’ambito di questa collana che si inserì una particolare edizione trilingue curata da Valerio Magrelli, la prima della cosiddetta “serie internazionale”, contenente il testo originale del Typhoon, con la traduzione francese di Gide e quella italiana di Ugo Mursia (editore, traduttore e curatore dell’opera completa di Conrad in Italia). Questa serie, composta da dodici volumi degli ottantadue totali della collana, ebbe il pregio di promuovere accostamenti audaci tra autori, lingue e traduttori: Bonnefois e Ungaretti per Shakespeare; Artaud e Almansi per Carroll; Pessoa, Baudelaire e Manganelli per Poe; Ungaretti e Bataille per Blake; Guillén e Tutino per Valéry. In buona sostanza: una polifonia traduttiva con l’aspirazione di favorire una comprensione potenziata del testo d’origine e delle sue mille sfaccettature.
Giuseppe Cosio