Il giovin poeta de «Il Tennis Italiano»
Son trascorsi ormai due anni dalla scomparsa di Gianni Clerici, una delle firme più raffinate e irriverenti della storia del giornalismo sportivo italiano. Il suo prezioso fondo librario, donato all’Università Cattolica di Brescia nel giugno del 2023, è stato nel frattempo interamente catalogato ed è disponibile per chiunque voglia studiare l’affascinante figura dell’intellettuale comasco.
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La carriera dello “scriba”, come amava scherzosamente autodefinirsi Gianni, era decollata con un articolo pubblicato sulle colonne del mensile Il Tennis Italiano: è proprio da questo suo primissimo esperimento di scrittura giornalistica che vogliamo partire per rinverdirne la memoria. Ci troviamo nell’agosto del 1948 e il diciottenne Clerici, nel pieno della sua ascesa come tennista, ha l’occasione di mettersi alla prova in qualità di cronista d’eccezione per i campionati di seconda categoria. Nell’introduzione redatta dall’allora direttore della rivista, Umberto Mezzanotte, leggiamo già della curiosità e delle buone speranze che Gianni era stato in grado di suscitare col suo accattivante stile di scrittura: “Esordisce con questo articolo, come collaboratore della nostra Rivista, il giovane tennista Gianni Clerici. Evidentemente Guido Rocca fa scuola con quel suo giornalismo brillante, sbarazzino, di genere un po’ nuovo, e noi siamo ben lieti di far «largo ai giovani» anche nell’uso della penna; augurandoci che Gianni Clerici, dopo questo primo esperimento, voglia continuare a dare la sua collaborazione alla nostra Rivista” [fig. 1]. Augurio questo che non verrà disatteso: il sodalizio tra Clerici e Il Tennis Italiano resterà infatti vivo per qualche stagione, fino a che nel 1951 il comasco, irretito dalle lusinghe di Gianni Brera, non passerà alla Gazzetta dello Sport.
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Tornando all’articolo d’esordio, è evidente come le colonne del rotocalco fatichino a contenere il talento dilagante della penna di Gianni: un talento che straripa dai margini e lascia trapelare tutto il suo desiderio di andare oltre alla mera cronaca. Clerici, con un’ironia sempre pungente e mai banale, dipinge vedute contemporanee di società e costume, raccontando la quotidianità di chi gravita attorno all’universo tennis e di chi ne forma parte integrante. È sufficiente cimentarsi nella lettura dell’incipit del pezzo per farsi sin da subito un’idea di ciò di cui Clerici sarebbe stato capace negli anni a venire: “Premetto. Non è mia intenzione ora di tirare in ballo Giove Pluvio, perché questo è ormai diventato lo «slogan» che ricorre in tutti i resoconti dei tornei di tennis. Vorrei però dare un consiglio dalle colonne di questa Rivista ai dirigenti del Tennis Como. Il consiglio è questo: non domandino mai più alla F.I.T. di organizzare i Campionati di seconda categoria fino a quando, attraversandosi un periodo di grande siccità, la terra bruciata e gli uomini assetati non chiederanno che acqua, acqua…”. Uno stile inconfondibile quello di Clerici, fatto di graffiante ironia e di immancabile sarcasmo, di aneddoti e divagazioni, uno stile che lo renderà celebre e acclamato nel mondo del giornalismo e che contraddistinguerà tanto la sua carriera da telecronista quanto quella da scrittore di romanzi, poesie e pièce teatrali.
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Di colpi di teatro, così come di tempi comici, Gianni se ne intendeva e non poco. È eloquente, in tal senso, la chiusa del suo primo articolo, che recita: “Chiedo umilmente perdono […] per lo stile tutt’altro che divertente con cui l’ho scritto. Ma la colpa non è mia, credetemi. La colpa è del Direttore, il quale avrebbe potuto benissimo mandare a Como per i Campionati di «seconda» la migliore penna del giornalismo umoristico sportivo italiano. Di più non vi dico, perché a me… i duelli non piacciono”. Altro espediente ricorrente nei testi di Clerici è senza dubbio l’autoironia. Descrive così, in una didascalia, il suo aspetto trasandato, colto a bruciapelo da un’istantanea scattata a Padova durante la Coppa Pin del novembre 1948: “I due padovani Romanin e Bertin, una coppia di lungo corso, con i loro avversari Clerici e Scaunich. Strano l’atteggiamento di Gianni Clerici in questa foto! Sembra uscito da un penitenziario…” [fig. 2]. Memorabili poi certe sue similitudini, entrate nell’immaginario collettivo degli appassionati; riferendosi a Gardini, ad esempio: “Fausto è stato il solito, attaccato alla palla come un bulldog alle brache di un ladro di galline”; o ancora: “quando corre a rete a testa bassa, sembra un toro che vuol ferire con la cornata puntita della sua quasi famosa volée di destro”.
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Oltre ad aver accolto e favorito gli esordi del giovanissimo Clerici, Il Tennis Italiano, con oltre novant’anni di attività alle spalle, rappresenta la rivista di settore più antica al mondo. In edicola e in libreria sin dal 1929, prima con la denominazione di Tennis e poi di Tennis. Sport invernali, il periodico, diretto oggi da Stefano Semeraro, si attesta come una delle voci più autorevoli a livello sportivo. A partire dall’edizione numero 1147 del novembre 2023, la prima ad essere pubblicata dopo un completo restyling, la rivista esce con cadenza bimestrale per l’editore Fandango Libri e ospita contributi da parte di scrittori e artisti appassionati di tennis, che vanno ad affiancarsi alle sezioni dedicate alle news e agli approfondimenti.
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Giuseppe Cosio