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Un Conquistador “copernicano” nelle Americhe: il nuovo universo nel nuovo mondo

Non solo i libri, tra gli scaffali della Biblioteca di Storia delle Scienze «Carlo Viganò», parlano la lingua del “nuovo mondo”, in primis lo fanno le persone. Lo fa, tra i molti, Alonso de la Cámara (1550-1630), militare ed esploratore di origini sivigliane, protagonista di interessanti vicende coloniali a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. La biblioteca, infatti, conserva un prezioso esemplare del De revolutionibus orbium coelestium libri VI di Niccolò Copernico, nella sua seconda edizione, stampata a Basilea da Heinrich Petri nel 1566 (FA 5B 246), che presenta una nota di possesso manoscritta ben nascosta e molto originale (fig. 1).

Nell’angolo in alto a destra, dalla carta π2r alla carta c3r, si susseguono una serie di lettere manoscritte, una per carta, le quali, lette in sequenza, svelano proprio il nome di Alonso de la Cámara. La nota di possesso si ripete, nella stessa modalità, dalla carta Cc4r (ultima con il testo di Copernico) a ritroso fino alla carta Z, in basso a destra, con le lettere spesso inserite a sinistra della parola di richiamo, talvolta tra la stessa e la segnatura della carta (dove presente). Unica eccezione la prima A che compare tra l’ultima riga del testo e la formula conclusiva «Finis libri sexti et vltimi Reuolutionum» (fig. 2).

Fig. 2 Ricostruzione delle due note di possesso manoscritte al principio e alla fine del volume FA 5B 246

Figlio di Diego Negrete de Santander e di Isabel Núñez de Sosa, Alonso era cugino, da parte di padre, del drammaturgo Luis Vélez de Guevara (1579-1644), autore, tra le molte opere, del famoso romanzo El diablo cojuelo, pubblicato nel 1641 (fig. 3). Come molti conquistatori spagnoli attivi in America, proveniva da una famiglia di ceto sociale medio borghese il cui principale obiettivo era quello di raggiungere un qualsiasi tipo di promozione sociale ed economica. A soli vent’anni giunse, quindi, in Perù e visse a Lima per qualche tempo. La strada della conquista di nuove terre rappresentava però la via più breve per un’ascesa sociale, politica ed economica e quindi, nel 1572, partì per accompagnare il generale Jerónimo Luis de Cabrera nella sua spedizione nel sud del Viceregno del Perù. Durante questa impresa, Cabrera fondò, il 6 luglio 1573, la città di Córdoba nella Nuova Andalucía. Accompagnò poi Lorenzo Sánchez de Figueroa nelle sue incursioni nella provincia di Córdoba. A capo di una spedizione verso Est, tentò senza successo di fondare un porto fluviale che garantisse alla città un accesso diretto al mare e poco più tardi, al comando di un piccolo gruppo di uomini, partì da Santa Fe e, passando per Mendoza, attraversò le Ande fino a giungere a Valparaíso, sulla costa cilena.

Fig. 3 Frontespizio della prima edizione del romanzo El diablo cojuelo di Luis Vélez de Guevara (Madrid 1641)

Sposò doña Ana Mejía, figlia del conquistatore sivigliano Hernán Mejía Mirabal e da quest’ultima, tra il 1579 e il 1588, ebbe sei figli. Da quel momento la sua carriera politica fu in ascesa: ad eccezione del titolo di Governatore di Córdoba, riservato generalmente a emissari dal continente, Alonso ricoprì quasi tutti gli incarichi di governo locale. Nel 1588 fece ritorno in Spagna, dove ottenne dal re Filippo III una cedola reale che permetteva al figlio Francesco e a tutta la sua discendenza di fregiarsi del titolo di nobili e di anteporre quindi al nome il trattamento di don/doña. Nel 1595 la moglie Ana morì e Alonso si risposò con doña Juana Chavero, figlia del conquistatore Alonso Abad Chavero. Dal nuovo matrimonio, tra il 1600 e il 1603, nacquero tre figli.

Nel 1609 tornò ancora una volta in Spagna come Procuratore generale, dove ottenne, per il figlio Diego, nato dal secondo matrimonio, gli stessi privilegi già concessi al figlio Francesco. Rientrò a Córdoba due anni dopo e qui infine morì il 2 novembre 1630. È ricordato oggi da una via della città di Córdoba che porta il suo nome: Calle Alonso de Cámara.

Ecco allora che tra i percorsi tematici possibili, nella Biblioteca Viganò, ve n’è senza dubbio uno incentrato sulle scoperte geografiche e sulla letteratura di viaggio. Oltre a quanto appena raccontato, sono diversi, infatti, i volumi, antichi (ma anche moderni), che trattano in vario modo queste materie: dall’incunabolo con le Tabulae astronomicae di Alfonso X di Castiglia e Leon (Venezia, Erhard Ratdolt, 1483 – FA 4C 3), strumento utilizzato per la navigazione in mare aperto (fig. 4), passando per Il theatro del mondo del geografo fiammingo Abramo Ortelio (Brescia, Compagnia Bresciana, 1598 – FA 5C 145), primo atlante moderno (fig. 5), fino alla Nova plantarum, animalium et mineralium mexicanorum historia del medico Francisco Hernández (Roma, Vitale Mascardi, 1651 – FA 6A 162), una sorta di Naturalis historia del nuovo mondo (fig. 6); per questo sentiero si potrebbe camminare a lungo.

Fig. 4 Prima carta dalle Tabulae astronomicae di Alfonso X di Castiglia e Leon (Venezia, Erhard Ratdolt, 1483 – FA 4C 3)
Fig. 5 Carta dell’America da Il theatro del mondo di Abramo Ortelio (Brescia, Compagnia Bresciana, 1598 – FA 5C 145)

Il Copernico della Viganò giunse nella collezione sicuramente prima del 1967, quando già compariva nella descrizione che della raccolta faceva, in un episodio della rubrica Magazin der Wissenschaft, trasmesso domenica 16 aprile dalla radio austriaca, l’austrico Friedrich Katscher, studioso e traduttore di Tartaglia in lingua germanica, grande amico di Carlo Viganò, a più riprese gradito ospite in casa del collezionista durante le sue trasferte bresciane.

Diego Cancrini