Matteo Perrini nei fondi dell’Università Cattolica
Matteo Perrini a cento anni dalla nascita
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Matteo Perrini (fig. 1), figura storica della pedagogia bresciana scomparsa nel 2007, le cui tracce si possono ritrovare nella biblioteca e nel fondo “Giovanni Modugno” conservato presso gli archivi dell’Università Cattolica di Brescia.

Nato a Laterza (Taranto) in una numerosa famiglia di agricoltori, vide riconosciuti i suoi meriti come studente e fu mandato a Bari per affrontare gli studi superiori e l’università. Presso l’ateneo barese completò la sua formazione nel 1950 laureandosi in Filosofia teoretica, nonostante già da due anni si fosse trasferito a Brescia. Qui era stato invitato da Vittorino Chizzolini, anima dell’Editrice la Scuola, e qui rimase quasi ininterrottamente per il resto della sua vita: insegnando negli istituti scolastici, collaborando con le case editrici e facendosi animatore delle realtà pedagogiche e cristiane del territorio.
Il legame che lo unisce a Chizzolini è ben visibile nel Fondo La Scuola, dove spiccano in particolare le curatele di testi classici della filosofia: Le due fonti della morale e della religione (1996) di Henri Bergson e le Confessioni (1977, fig. 2) di Agostino d’Ippona, queste ultime già curate (1937) per la casa editrice dal professor Paolo Rotta dell’Università Cattolica. A esse Perrini affianca dei testi dedicati a un pubblico giovanile come la riduzione de Le mie prigioni (1970, fig. 3) di Silvio Pellico e l’antologia Ore di sole (1957). Rivolse la sua attenzione, inoltre, alle pubblicazioni di studiosi bresciani con cui collaborava, in particolare curò una raccolta di articoli di don Enzo Giammancheri con titolo Educazione e senso della vita (2000). Il suo interesse per i temi filosofici e sociali emerge da opere stampate anche presso altri editori, presenti nei diversi fondi della biblioteca della sede di Brescia: dalla storia della filosofia (Filosofia e coscienza, Morcelliana 2008) alla Resistenza (Che cosa fu la Resistenza?, Tipografia Squassina [1995?], fig. 4) e alla religione (L’umanesimo cristiano, Industrie grafiche, 2001).



Figura fondamentale nella sua crescita spirituale e pedagogica fu Giovanni Modugno, suo docente ai tempi del liceo e del quale fu allievo prediletto anche negli anni successivi. Per l’Editrice La Scuola si occupò della cura del volume a lui dedicato Pedagogia e vita di Giovanni Modugno (1961), contenente saggi e testimonianze dei tanti educatori che furono allievi del noto pedagogista. Lo studio del fondo “Giovanni Modugno” permette, inoltre, di ricostruire anche questo lato della vita di Perrini. In particolare, nella serie 3 “Corrispondenza” è presente non solo il carteggio tra il maestro e l’allievo (fasc. 10), ma anche le lettere scambiate da Perrini con Chizzolini (fasc. 14). Altri scambi epistolari si trovano nel fondo “Vittorino Chizzolini”: di particolare interesse una missiva (fig. 5), indirizzata a quest’ultimo, datata 7 aprile 1948, in cui si delinea la prospettiva del trasferimento di Perrini a Brescia:
La ringrazio vivamente per la fraterna amicizia di cui Lei mi onora e per la generosa ospitalità che mi offre. Sarò lietissimo di lavorare vicino a Lei e agli amici di “Scuola Italiana Moderna”: in qualche salubre paese della provincia di Brescia, lontano da luoghi e persone che mi richiamino memorie molto tristi e dolorose, sono sicuro di riconquistare quella sanità e quella santità necessarie all’apostolato cristiano, quella pace indispensabile per chi consacra la sua vita alla ricerca e alla espansione della verità.

Si può dire che i desideri e le aspettative del giovane Perrini vennero realizzate: lo dimostrano, oltre ai volumi già citati, le numerose pubblicazioni su riviste specialistiche bresciane, a partire proprio da “Scuola Italiana Moderna” (SIM), “Humanitas”, “Nuova secondaria” e “Pedagogia e vita”. Davvero toccante è il racconto, intitolato Un educatore di maestri e pubblicato sul “Supplemento pedagogico” di SIM (serie X, 1948-1949, pp: 63-67), dei primi incontri con l’amato professor Modugno. Vale la pena notare che la modestia impedì che in tale scritto comparisse il nome dell’autore (firmatosi solo “M.P.”), mentre il dedicatario è chiamato semplicemente “Il Professore”:
Il Professore, per la sua cultura usata per guarire e non per colpire, per la sua passione dell’unità risultante dalla reintegrazione evangelica d’ogni verità prigioniera, per le sue stesse materie d’insegnamento, era l’ideale centro unificatore di tutto l’insegnamento.
Francesco Bonazzoli