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Agostino Gallo e la “nobil’arte dell’agricoltura”: nuove acquisizioni dalle “Raccolte Storiche”

Cinquecentine vecchie e nuove nella Biblioteca di Storia delle Scienze «Carlo Viganò»

Brescia nello studio delle scienze agronomiche del XVI secolo

Tra i più illustri bresciani di tutti i tempi, senza ombra di dubbio, trova un posto d’onore Agostino Gallo (1499-1570). Agronomo originario di Cadignano, una piccola frazione del comune di Verolanuova, nella bassa bresciana, fu colui che, lungo il XVI secolo, diede un forte nuovo impulso agli studi agrari, di fatto rivoluzionandoli.

La sua cultura agronomica, che affondava solide radici nei trattati dei grandi autori latini, Lucio Columella (4 d.C.-70 d.C.) su tutti, e si articolava attraversando le ricerche dello spagnolo Gabriel Alonso de Herrera (1470-1539), influenzò il pensiero di suoi insigni contemporanei, come gli agronomi Camillo Tarello (1513/23-1573) e Giacomo Chizzola (sec. XVI), determinando il riconoscimento alla “magnifica et illustre” (così lui stesso la definiva) città di Brescia di un ruolo di assoluto primato nello studio delle scienze agronomiche del XVI secolo.

La recente acquisizione del Centro di Ricerca e Documentazione “Raccolte Storiche”

L’occasione di ricordare Agostino Gallo in questa sede nasce dalla recente acquisizione che il Centro di Ricerca e Documentazione “Raccolte Storiche” ha realizzato, di una pregevole edizione del suo trattato agronomico Le dieci giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa, nella fattispecie quella veneziana del 1566 per Giovanni Bariletto (EDIT16 CNCE 20246).

L’edizione in questione, al centro, all’epoca, di non poche polemiche editoriali (delle quali si dirà tra poco), rappresenta la quarta (e ultima) edizione delle dieci giornate, prima che queste diventassero tredici, nel 1566, e, dopo l’aggiunta di ulteriori sette nel 1569, definitivamente venti, nello stesso anno. 

Agostino Gallo a Brescia e a Borgo Poncarale

Fin dagli anni del suo trasferimento a Brescia (ca. 1520), Agostino Gallo dimostrò di possedere un occhio attento nei confronti dell’ambiente naturale che lo circondava e notava con piacere e soddisfazione come la città, cultrice della “nobil’arte dell’agricoltura”, eliminando “sterpi”, “ruschi”, “stecchi”, “vepri” avesse trasformato il paesaggio in sequenza di “boschi”, “vignali”, “prati”, “campi abondanti di grani e lini”.

Nel 1520 sposò Cecilia Tarelli figlia d’una famiglia della piccola nobiltà rurale originaria di Manerbio impegnata nella coltivazione del lino nei terreni di proprietà e negli anni a seguire esercitò il commercio di tessuti presso la sua abitazione bresciana.

Nel 1534 acquistò una cascina ed un terreno a Borgo Poncarale, dove trascorse molto del suo tempo dedicandosi all’attività agricola, facendo esperimenti e studiando nuovi metodi di coltivazione.

Solo nel 1552 il Gallo iniziò ad affidare alla penna e al calamaio le sue teorie in materia agronomica e nel 1558 il risultato di queste sue prime stesure incominciò a circolare in forma manoscritta. Il suo trattato fu quindi letto da Giacomo Chizzola il quale, entusiasta, lo convinse a consegnarlo finalmente alle stampe.

Le dieci giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa: l’edizione del 1564 e le edizioni “pirata”

L’emozione e l’entusiasmo, però, dovettero giocargli un tiro mancino:  il Gallo non riuscì ad attendere la concessione del privilegio di stampa dal Senato Veneziano che, pur accordatogli, giunse solo nel dicembre del 1564 e così, quando lo stampatore bresciano Giovanni Battista Bozzola († 1566 ca.) fu pronto a mettere in moto i suoi torchi, il trattato fu posto sotto di essi e vide la luce nel corso del 1564 (EDI16 CNCE 20244), con la precisazione, in una nota, che il privilegio del Senato di Venezia sarebbe giunto “d’hora in hora”.

L’impazienza del Gallo e la decisione di far stampare il trattato a Brescia si rivelarono presto due errori imperdonabili (in termini economici) perché determinarono una corsa alla pubblicazione pirata dell’opera che fu vinta dagli scaltri stampatori veneziani Domenico Farri († 1604 ca.) e Giovanni Bariletto († 1594 ca.), i quali, in soli nove mesi, licenziarono, benché zeppe di “scorretioni” e “infiniti erorri”, tre edizioni pirata dell’opera: due per il Farri, entrambe nel 1565 (EDIT16 CNCE 61992 – 20245), e una per il Bariletto nel 1566 (EDIT16 CNCE 20246).

Giovanni Bariletto, in particolare, non era nuovo a contatti con la cultura editoriale bresciana dell’epoca, inquanto rilevò, intorno al 1553, insegna e marca tipografica (la Prudenza), presumibilmente insieme alla bottega, del clarense Giovita Rapicio o Ravizza (1476-1553), attivo in quegli anni a Venezia come editore presso le officine tipografiche di Bartolomeo Cesano († 1559/60) e dei Nicolini da Sabbio (anche questi ultimi di origine bresciana). Il privilegio del Senato Veneziano, infatti, pur giunto nel dicembre del 1564, copriva solo le stampe licenziate nella città di Venezia e non nelle limitrofe città della Serenissima.

Le tredici giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa e Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa, 1566 e 1569

Il Gallo, deluso e arrabbiato, corse immediatamente ai ripari e decise di richiedere un nuovo privilegio nel 1566 per la pubblicazione del suo trattato, implementato, però, di altre tre giornate, così da giungere a tredici. Il privilegio fu concesso e Le tredici giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa, uscirono per i tipi veneziani di Nicolò Bevilacqua (EDIT16 CNCE 20247).

Il risultato editoriale fu straordinario e il Gallo decise di aggiungere altre sette giornate al suo trattato (Venezia, Gratioso Percaccino, 1569), le quali confluirono nell’edizione definitiva del 1569, stampata, ancora a Venezia, sempre da Grazioso Percaccino (anche lui bresciano di origine), con il titolo ultimo Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa (EDIT16 CNCE 20249).

Il successo del trattato, determinato anche dalle numerose stampe che se ne fecero, consentì ad Agostino Gallo di allargare la sua fama anche oltralpe, dove la sua opera fu tradotta in francese da François de Belleforest  (1530-1583) e stampata a Parigi, per i tipi di Nicolas Chesneau, nel 1571 (Universal Short Title Catalogue USTC 24458), 1572 (Universal Short Title Catalogue USTC 37499) e nel 1576 con il titolo Secrets de la vraye agriculture et honestes plaisirs qu’on reçoit en la mesnagerie des champs pratiquesz & experimentez tant par l’autheur qu’autres experts en ladicte science.

Le opere di Agostino Gallo nella raccolte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Sede di Brescia

Ecco allora che con l’acquisizione dell’edizione “pirata” del 1566 delle Dieci giornate, le “Raccolte Storiche” intendono colmare, almeno idealmente, il vuoto rimasto nella collezione Viganò: da questo momento le dieci, le tredici e le venti giornate di Agostino Gallo si riuniscono all’insegna della completezza, nella percorrenza del solco tracciato dall’Ing. Carlo.

Rammentiamo infine che nel patrimonio librario delle “Raccolte Storiche” è presente un esemplare dell’edizione Le vinti giornate dell’Agricoltura, et de’ piaceri della villa di M. Agostino Gallo, Venezia, appresso Benetto Miloco, 1674. Il volume, privo di frontespizio e di colophon, fa parte del “Fondo Fossati” e riporta la segnatura Aq III 117 [*].

[*] Oltre che nel contributo di Francesca Zuppelli qui linkato (pubblicato sul numero 39 di Cattolica Library) il “Fondo Fossati” è descritto nel saggio di Pierangelo Goffi (pagine 133-143) interno alla monografia Immagini dal Centro, Milano, Vita e Pensiero, 2021 [Opac UniCatt].

Diego Cancrini