Gianni Clerici: rovescio d’autore
Se lo stile di scrittura di Gianni Clerici fosse un colpo tennistico, sarebbe con ogni probabilità un passante di rovescio che coglie tutti quanti alla sprovvista, andandosi a conficcare in quell’ambiguo confine tra la linea laterale e la terra rossa, che Gianni aveva ribattezzato “semiriga”.
Ecco, in quel poetico limbo sottile, a metà tra dentro e fuori, tra genio e follia, l’Università Cattolica ha saputo inserirsi con sapiente tempismo, offrendo una casa accogliente a quel groviglio ordinato di libri, fotografie, lettere e manifesti che costituisce il fondo librario e documentale del compianto Clerici. Non solo casa, ma anche cassa (di risonanza): il centro di documentazione Raccolte Storiche, che si è fatto carico della gestione e dell’inventariazione del materiale, avrà infatti la missione di valorizzare questo patrimonio negli anni a venire. E quale miglior modo per compiere il primo passo in tale direzione, se non organizzare un evento con chi Gianni l’ha vissuto per davvero, fianco a fianco. È nato con questo intento l’incontro Gianni Clerici: il racconto del tennis, che si è tenuto in Aula Magna a Brescia il 15 dicembre scorso: un gesto benaugurante, un segno di presenza e consapevolezza. Moderatore della serata Pierangelo Goffi che, in qualità di responsabile della Biblioteca della sede di Brescia dell’Università Cattolica e del centro Raccolte Storiche, ha presentato l’iniziativa e introdotto i relatori.
Dopo una parte iniziale in cui il professor Rognoni ha descritto le circostanze che hanno determinato l’arrivo del fondo nel nostro ateneo, la conversazione è sfociata in un alternarsi a ruota libera di ricordi e racconti, fino a tracciare un profilo sincero e sentito dello scriba del tennis. Impossibile parlare di Clerici senza che il pensiero andasse a Rino Tommasi, suo compagno in cabina di commento per moltissimi anni: Elena Pero e Ubaldo Scanagatta, protagonisti a loro volta di telecronache memorabili, in coppia rispettivamente con Paolo Bertolucci e Roberto Lombardi, hanno sottolineato la componente innovativa del format (prima di Rino e Gianni, infatti, le partite erano narrate da una voce sola), nonché la grande umanità portata in cabina da Clerici, i cui aneddoti e racconti gli erano valsi dall’amico Rino l’affettuoso soprannome di Dottor Divago. Peculiarità, queste, sottolineate anche da Claudio Mezzadri, ex tennista professionista e telecronista a sua volta, che ha fatto risalire lo stile atipico di Clerici al suo immenso talento come scrittore. Talento del quale Mezzadri è stato intenditore fin da quando nel 1999, nei panni di capitano di Coppa Davis della Svizzera, aveva “svezzato” un Roger Federer non ancora maggiorenne sul palcoscenico più prestigioso del tennis.
Pillole di vita del Clerici giornalista, punto di riferimento ed esempio per tutti i colleghi, sono giunte invece dalle parole di Carlo Annovazzi, caporedattore di Repubblica Milano, e Stefano Semeraro, Direttore responsabile de Il Tennis italiano, due testate sulle quali Clerici ha pubblicato miriadi di articoli nel corso degli anni: dal suo esordio nel 1948 proprio sulla rivista specialistica allora diretta da Umberto Mezzanotte, sino ai suoi ultimi interventi sul giornale romano, tra i quali spiccano i commenti entusiastici per le prime imprese di un giovincello dai riccioli rossi, il tridentino Jannik Sinner, che il novembre scorso, a 47 anni dall’impresa azzurra di Santiago, ha riportato il tricolore sul gradino più alto del podio della Coppa Davis.
Giuseppe Cosio