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Il Villaggio della Madre e del Fanciullo

Intraprendente come poche donne, instancabile come pochi uomini, Elda fondava [nel 1945 a Milano] il Villaggio della Madre e del Fanciullo, [un luogo in cui] centinaia di naufraghi, grandi e piccoli, hanno trovato […] un letto o una culla, una mano fraterna e il viatico per la ripresa del difficile cammino.

Questa la testimonianza del sindaco di Milano Antonio Greppi, sostenitore dell’innovativo modello di inclusione del Villaggio, alla cui realizzazione contribuirono il Comune di Milano, il Ministero dell’Assistenza post-bellica e numerosi amici sostenitori di Elda Scarzella: il missionario laico Marcello Candia, Edoardo Majno, Elena Fischli Dreher e tanti altri.

Le principali fasi legate alla nascita e crescita del Villaggio riemergono attraverso i diari di Elda Scarzella, i suoi testi, i Rapporti annuali e i resoconti degli operatori i cui protagonisti sono donne e bambini còlti nella loro quotidianità; di certo interesse sono anche le planimetrie, i progetti e le fotografie relativi agli stabili in cui ha avuto sede il Villaggio nel corso della sua storia (serie “Vita al villaggio”, 1945-2003).

Ospitato inizialmente nei giardini di Palazzo Sormani, dove prima del conflitto bellico risiedeva il museo comunale, il Villaggio, costituito da sei edifici abitativi in forma di casetta, rispecchiava nella stessa disposizione degli spazi la nuova tipologia di servizi sociali ed educativi, costruita sul principio della solidarietà familiare.

Un modello educativo che premiava l’autonomia, l’unione tra la madre e il suo bambino e il senso della comunità in cui ciascuno si prendeva cura di specifiche attività (cucina, nido, lavanderia, sartoria). Lo spirito religioso fondato su “solide basi laiche” della Scarzella imponeva che non ci fosse nessuna distinzione di razza e religione, nessun giudizio morale, o nessuna divisa, garantendo così accoglienza, ascolto e assistenza sanitaria alle madri di figli legittimi e illegittimi.

Sua l’intuizione di attivare internamente l’Osservatorio di Assistenza, che anticipava i consultori, e di ospitare, nel 1947, l’Ente Ausiliario del Tribunale per i minorenni, nato per proporre nuove soluzioni per i ragazzi del carcere San Vittore. Sua l’idea di avviare i primi corsi triennali teorico-pratici per assistenti sociali e assistenti giudiziari e di creare, già negli anni Cinquanta, il “Club per Ragazzi” (proiezione di film, manifestazioni sportive), una Scuola di Modellistica e unascuola artigianale aperta anche all’esterno, attraverso cui pianificare interventi educativi su misura delle attitudini dei partecianti.

Sfrattato da Palazzo Sormani, il Villaggio “rinasce” nel 1957, presso il QT8 (Quartiere sperimentale dell’Ottava Triennale), in via Goya 60, a Milano, su progetto degli architetti Alberto Scarzella (figlio di Elda) e Fabio Mello.
La nuova sede accoglie gli appartamenti per le ospiti, detti focolari, la Casa dell’Osservazione, la Casa del parto, il nido, gli uffici, una biblioteca, spazi adibiti alla ricreazione, e una cappella con una via Crucis degli artisti Giò e Arnaldo Pomodoro, che ben racconta la cura degli spazi come forma estetica di riabilitazione.

I cinquant’anni del Villaggio sono stati celebrati da un convegno internazionale, “Ecologia della vita prenatale. Il Villaggio della Madre e del Fanciullo: risposta d’amore e laboratorio di ricerca” (1995), che ha visto la partecipazione della Provincia di Milano e dell’ISPPM (International Society of Prenatal and Perinatal Psychology and Medicine); a settant’anni dalla nascita del Villaggio e nel decimo anniversario della morte della fondatrice ha avuto luogo un altro convegno, “Elda Scarzella Mazzocchi e il Villaggio della Madre e del Fanciullo. Una storia milanese” (2015), doveroso omaggio a una donna che ha gettato le basi per una nuova concezione dell’assistenza fondata sul diritto dell’uomo.