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La Resistenza allo specchio del cinema

Storie di libri

Le schede bibliografiche, il riassunto del contenuto, i testi digitali, le copertine, i fotogrammi, i trailer, i film

Dopo il Quaderno della Biblioteca dedicato alla Resistenza nei testi della narrativa italiana La Resistenza allo specchio della narrativa: 1945-1999 pubblicato nel novembre dell’anno scorso, proponiamo con questa storia un approccio approfondito, anche se non altrettanto esaustivo, al tema della Resistenza nelle opere cinematografiche italiane.

Premessa

Introduciamo il tema con un convicente articolo di Paolo Mereghetti pubblicato sul portale web del Corriere della Sera il 24 aprile del 2015 in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione intitolato Cinema e Resistenza: quello che i film sanno insegnare.

Cinema e Resistenza: quello che i film sanno insegnare

Quali sono i capolavori che meglio hanno raccontato la Resistenza? Quale Italia hanno raccontato? E perché non ci sono pellicole sul 25 aprile?

Tra i tanti «specchi» che il cinema ha offerto all’Italia e agli italiani per ritrovare una certa immagine di sé ma anche per confrontarsi con un possibile modello a cui ispirarsi, per capire meglio chi fossimo e dove ci trovassimo e insieme per misuraci con i nostri sogni e le nostre idealità, i film che hanno parlato di Resistenza, che l’hanno raccontata e insieme le hanno dato una forma capace di sintetizzare esperienze e storie, sono sicuramente tra i più interessanti e stimolanti. Perché attraverso un tema così importante e fragile insieme, così significativo e controverso, il cinema riuscito a raccontare agli italiani cos’erano e come si vedevano.
Il coraggio di guardare la realtà: «Roma città aperta»
A cominciare dal film che fonda il genere e insieme la nascita di un nuovo modo di fare e pensare il cinema stesso, Roma città aperta (trailer su YouTube dell’edizione restaurata dalla Cineteca di Bologna) di Roberto Rossellini. Iniziato nel gennaio del 1945, quando una parte dell’Italia non era ancora stata liberata, il film rielabora alcuni fatti e personaggi reali della resistenza romana – le storie dei preti Giuseppe Morosini e Pietro Pappagallo rilette nel personaggio interpretato da Aldo Fabrizi, la morte di Teresa Gullace, uccisa mentre cercava di parlare col marito arrestato dai tedeschi rivisto nella popolana interpretata da Anna Magnani – ma soprattutto si sforza «di mettere gli uomini al cospetto della realtà così com’è» [Goffredo Fofi]. Emblematica a questo riguardo la scena in cui il maggiore nazista apre davanti agli occhi di don Pietro (e a quelli degli spettatori) la porta della camera della tortura, dove l’ingegner Manfredi è atrocemente seviziato dalla Gestapo. Una scena straziante, di fronte alla quale non si può volgere lo sguardo dall’altra parte: mettendola nel suo film Rossellini ha voluto che tutti fossero obbligati a guardare con i propri occhi la terribile realtà che la Storia aveva rivelato. Con quella scena il cinema impara a non abbassare più l’occhio della propria macchina da presa e lo spettatore «fa proprio» quel modo di raccontare, traendone tutte le conseguenze morali che ne derivano. Proprio come fa don Pietro che, sforzandosi di guardare l’amico torturato (ha perso gli occhiali) «fa proprio quell’orrore, si ribella, maledice, poi piange, infine assolve in nome di una visione superiore, inquadrato in un totale che lo vede insieme alla vittima e ai carnefici» [Adriano Aprà]. Perché non si può più volgere lo sguardo da un’altra parte: la Storia ha mostrato cose che prima erano nascoste (o censurate) e che ora lo spettatore deve sforzarsi di far proprie.
Le (bonarie) prese in giro di Alberto Sordi
Aprendo la strada a un nuovo modo di filmare (che i critici chiameranno poi con nome di «neorealismo»), Roma città aperta apre anche le menti e i cuori degli italiani a una nuova e diversa visione della Storia che stanno attraversando. Una visione che lo stesso Rossellini ribadisce con il successivo Paisà (1946) (film completo dall’archivio di Rai Cinema Channel), sei episodi sull’avanzata degli alleati attraverso l’Italia, dalla Sicilia al delta del Po, dove l’identità geografica e culturale che il Fascismo aveva millantato per anni dietro le parole d’ordine della dittatura si frantumano in tante facce diverse e contraddittorie, riunificate (e riscattate) dalla tensione resistenziale e dalla partecipazione allo sforzo di costruire un’Italia nuova e diversa. Non sono solo questi due, i film che nell’immediato dopoguerra, raccontano episodi e idealità della resistenza e dei suoi protagonisti (ricordiamo almeno Pian delle stelle di Giorgio Ferroni, 1946; Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani, 1951 (trailer originale su YouTube); Penne nere di Oreste Biancoli, 1952) ma sono anche anni in cui il Paese vuole mettersi alle spalle le tragedie che ha attraversato e il tema della Resistenza diventa spunto per bonarie (e innocue) prese in giro. Come fa ironicamente Alberto Sordi in un episodio di Accadde al commissariato, quando nei panni del conte decaduto Alberto Tadini rivendica di aver fatto «la resistenza»: «Io ho fatto la guerra, sul fronte interno naturalmente… il più pericoloso… Io ho resistito alla fame e alla sete… ho resistito al freddo e al caldo… Io, signor commissario, sono un eroe della resistenza!».
E il 25 aprile non entra in scena
Bisognerà aspettare Il generale Della Rovere (1959, sempre di Rossellini: trailer e film completo su Youtube) perché la Resistenza torni a interrogare l’Italia, questa volta da una nuova prospettiva, quella della responsabilità individuale, spingendo lo spettatore non più ad «aprire gli occhi» sulla realtà, ma piuttosto a riflettere su come i suoi comportamenti siano stati o non coerenti con gli ideali di ieri. Scegliendo di raccontare i momenti più drammatici della lotta armata, dall’8 settembre ai combattimenti sulle montagne fino alle guerriglie cittadine e lasciando la vittoria del 25 aprile alle celebrazioni dei cinegiornali. Il cinema e i suoi registi più attenti e sensibili si accorgono infatti che il nuovo benessere conquistato con anni di sacrifici e pronto a invadere le case degli italiani rischia di cambiare in profondità l’animo degli italiani stessi, soffocando idealità e coerenze. Facendo invece venire a galla un’ambiguità di fondo, un «doppiogiochismo» che il film di Rossellini interpretato da De Sica sintetizza perfettamente: chi è veramente il «generale Della Rovere»? Un opportunista traditore al servizio dei nazisti? O non un uomo che sa ritrovare il coraggio e la dignità delle proprie azioni diventando alla fine un «eroe» della Resistenza? In ogni caso un uomo (un italiano) non così facile da decifrare e da incasellare, proprio come comincia a sembrare la Resistenza agli occhi degli storici, che se ne riconoscono le idealità e gli eroismi cominciano a anche a vederne le contraddizioni e i buchi neri, e sono sempre meno disposti ad ammantarla di un’idealità vicina alla santificazione.
La rilettura della Resistenza
I registi e gli sceneggiatori italiani non vogliono certo fare il lavoro degli storici ma è indubbio che una serie di film – penso almeno a Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini (film completo primo tempo e film completo secondo tempo dall’archivio Dailymotion); Tiro al piccione (1961) di Giuliano Montaldo; Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy; Una vita difficile (1962) di Dino Risi; Il terrorista (1963) di Gianfranco De Bosio – sappiano cogliere meglio e più che in passato come l’idealità un po’ sacrale identificata fino ad allora con la Resistenza e chi l’aveva fatta finisca per scolorirsi e rivelare più di una crepa. Un compito di cui si farà carico proprio la commedia all’italiana, favorita in questo dall’atteggiamento disincantato e ironico che hanno i suoi personaggi. E toccherà ancora una volta ad Alberto Sordi, il più «disimpegnato» degli attori italiani, il meno «ideologico» e il più «qualunquista», quest’opera di rilettura – non chiamiamola di revisione, per favore – non tanto della Resistenza in sé quando degli uomini che quella Resistenza hanno fatto. Così la storia del sottotenente Invernizzi che l’8 settembre cerca di ritrovare con alcuni soldati la via di casa e scopre che la guerra non è certo finita, da una parte affronta con efficacia un momento cruciale della nostra storia, fino ad allora accuratamente ignorato dal cinema italiano, e dall’altra mostra con umana partecipazione le debolezze e le fragilità di chi comunque alla fine saprà scegliere da che parte schierarsi. Più disilluso e sconfortato, forse perché girato tre anni dopo, quando il Boom aveva mostrato tutto il suo falso splendore, Una vita difficile di Dino Risi (e dello sceneggiatore Rodolfo Sonego, mai come qui autentico co-autore del film) si interroga — e ci interroga – sul «tradimento» che il Paese ha consumato nei riguardo degli ideali resistenziali: la vita di Silvio Magnozzi, partigiano e giornalista, diventa un cammino sempre più scivoloso verso i compromessi, dagli entusiasmi della ricostruzione alla rapida involuzione, di cui «sottolinea con vigore il clima di opportunismo politico, di stagnazione intellettuale e di lassismo morale che si è instaurato a pochi anni di distanza dalla Liberazione» [Vittorio Spinazzola»].
Le facili riletture, fino a L’uomo che verrà
Da allora la Resistenza sembra perdere la sua carica mitologica per un cinema che dà l’impressione di accontentarsi di facili riletture, a volte superficiali a volte volgari. Con qualche bella eccezione, naturalmente, come C’eravamo tanto amati di Ettore Scola (trailer originale su Youtube) o La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani, ma più spesso utilizzando quei fatti e quelle persone per rimarcane la componente ideologica e usare i temi resistenziali all’interno di altri percorsi e dibattiti. Bisognerà aspettare L’uomo che verrà di Giorgio Diritti (2009) per ritrovare un approccio più rispettoso e corretto, non tanto del «mito» della Resistenza quanto della temperie di dolore e di sofferenza che la guerra fece cadere addosso alle persone, trasformandole da uomini in vittime.
24 aprile 2015 | 23:48

Rimandiamo anche, per una sintetica e aggiornata disamina, contenente fra l’altro un percorso di lettura interno anche al cinema francese, alla recente raccolta di saggi “Cinema e Resistenza” curata da Gianfranco Miro Gori e Carlo De Maria. → Opac UniCatt

Rimandiamo, infine, al convincente saggio di Pietro Cavallo “La storia sul grande schermo

La storia sul grande schermo : Risorgimento e Resistenza nel cinema italiano tra ricostruzione e miracolo economico (1945-1965) / Pietro Cavallo. – Napoli : Liguori, 2019. – 291 p. ; 25 cm. – (Biblioteca. Collana di storia contemporanea ; 10). – ISBN 978-88-207-6818-8
→ Opac UniCatt al Testo cartaceo → Opac UniCatt al Testo elettronico

Le schede bibliografiche e i testi digitali

1995 – Cinema italiano e Resistenza – Quaderni di Agorà
Cinema italiano e Resistenza / di Gianni Haver. – Zurigo : Federazione delle colonie libere in Svizzera, 1995. – 33 pagine : illustrazioni ; 21 cm. – (Quaderni di Agorà ; 7). – In testa al frontespizio: 50. Anniversario della Liberazione. – Stampato in Italia
Testo completo
2005 – Cinema resistente – Asti contemporanea
Cinema resistente : uno sguardo d’insieme sulla raffigurazione della Resistenza dal dopoguerra ad oggi / Claudio Vercelli // In: Asti contemporanea. – N. 11 (2005), pagine 303-388
Testo completoOpac UniCatt
2009 – La memoria inquieta. Cinema e resistenza – Cafoscarina
La memoria inquieta : cinema e Resistanza / Giuseppe Ghigi. – Venezia : Cafoscarina, 2009. – 356 pagine. ; 20 cm. – ISBN 9788875432225
Concepito per il corso di Storia del cinema italiano, il libro si rivolge anche ad insegnanti e operatori culturali che vogliano proporre il cinema sulla resistenza e usarlo didatticamente come “documento” della storia. Da “Roma città aperta” del 1945 di Roberto Rossellini, a “Il sangue dei vinti” del 2008 di Michele Soavi, si ripercorre la storia del cinema italiano del dopoguerra e insieme le relative posizioni della critica cinematografica, nonché, in filigrana, la storia del nostro Paese.
Il libro, ormai esaurito e fuori catalogo, è liberamente scaricabile dal sito di → Academia.edu
Testo completo (356 pagine) → Filmografia (pagine 260-338) → Bibliografia (pagine 339-356)
2015 – Il racconto della Resistenza tra storia e fiction – SEB Edizioni
Il racconto della Resistenza tra storia e fiction : realtà e finzione nella comunicazione e nella didattica della storia / a cura di Davide Tabor. – Torino : SEB 27, 2015. – 112 pagine : illustrazioni ; 24 cm. – (Motivé ; 2). – In copertina: Associazione Contesti. – ISBN 9788898670079
Il libro affronta il problema del rapporto tra realtà e finzione nella comunicazione e nella didattica della storia a partire dallo studio della Resistenza italiana e della Seconda guerra mondiale. Interventi di: Cinzia Bonato, Emiliano Bosi, Giorgio Brandone, Girolamo de Miranda, Rinaldo Previtali, Andrea Ripetta, Emanuela Rocca, Anna Strumia, Davide Tabor.  
Testo completo dell’indice del volume
Testo completo del primo capitolo: Il bisogno di raccontare. La Resistenza nella letteratura e nel cinema neorealisti / Davide Tabor
2018 – Da Roma città aperta a Il partigiano Johnny – ANPI Savona
Da Roma città aperta a Il partigiano Johnny : la Resistenza nella filmografia italiana / Giorgio Amico. – Savona : Anpi Savona, 2018. – 10 pagine. – La Resistenza nelle scuole. Fonti e metodi. 2. Corso di aggiornamento per docenti a cura dell’ANPI di Savona, marzo-aprile 2018
Testo completo