La sezione Galileo Galilei
Una cospicua serie di edizioni antiche (19 seicentine e 10 edizioni settecentesche) copre la totalità della produzione scritta dello scienziato pisano. Molte, e tutte pregevolissime, sono le prime edizioni presenti: Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (Roma, Mascadri, 1613); Il Saggiatore (Roma, Mascadri, 1623); Dialogo sopra i due massimi sistemi (Firenze, Landini, 1632); Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (Leida, Elzeviri, 1638); Les mechaniques (Parigi, Henry Guenon, 1634). Sono inoltre possedute le più importanti opere omnie: la princeps bolognese (1656), le edizioni di Firenze (1718) e Padova (1744), tutte quelle ottocentesche e naturalmente la fondamentale edizione nazionale in 20 volumi curata da Antonio Favaro.
Con straordinaria intelligenza e competenza. Viganò riesce a ricostruire, attraverso i libri, l’intero “universo Galileo”, a partire dalle vicende legate agli esordi di Galileo. È noto che i suoi primi lavori scientifici, La bilancetta (1586) e alcuni studi sul baricentro dei corpi devono molto allo studio di Archimede. Ebbene, tra i tanti testi dei classici posseduti spiccano le prime tre fondamentali edizioni rinascimentali del Siracusano: la princeps greco/latina (Basilea, Johann Herwagen, 1544); la traduzione italiana di Niccolò Tartaglia, Opera Archimedis Syracusani philosophi et mathematici ingeniosissimi (Venezia, Ruffinelli, 1543) e l’edizione latina curata da Federico Commandino, Archimedis Opera non nulla (Venezia, Paolo Manuzio, 1558). I primi contributi scientifici valsero a Galileo la stima di alcuni tra i più autorevoli matematici del tempo, tra i quali spicca il nome del marchese Guidobaldo Dal Monte, colui che si adopererà per fargli avere un incarico prima a Pisa e poi a Padova. Non possono dunque mancare sulle mensole della biblioteca Viganò il Mechanicorum liber (Pesaro, Geronimo Concordia, 1577), la Perspectiva libri sex (Pesaro, Gerolamo Concordia, 1600) e il Problematum Astronomicum libri septem (Venezia, Giunta, 1609), volume questo che si fa notare anche per un appunto a matita riportato sul piatto anteriore («ha avutorelazione col Galileo, il Monte») che nella sua sintetica semplicità ci trasmette il senso di familiare intimità che Carlo Viganò provava per i suoi libri e con i loro autori. Accanto alla serie delle edizioni de il «Monte» troviamo il Diversarum speculationem mathematicarum et physicarum liber di Giovanni Battista Benedetti (Torino, Nicolò Bevilacqua, 1585), il libro che secondo Ludovico Geymonat fu la più importante lettura compiuta dal giovane Galileo. A Padova Galileo ebbe rapporti di sincera amicizia con Cesare Cremonini e Fortunio Liceti, i due massimi esponenti del peripatetismo scientifico patavino secentesco. Ben 14 sono le edizioni seicentine di Fortunio Liceti, e tra i numerosi volumi del Cremonini non manca una bella edizione in legatura coeva in pergamena della Disputatio de coelo, Venezia, Tommaso Baglioni, 1613.
Straordinariamente ricca la galleria delle opere dei discepoli di Galileo, in primis di Benedetto Castelli, che in Viganò compare non solo in quanto suo allievo e stretto collaboratore, ma anche per essere uno scienziato bresciano, un ecclesiastico, e per via dei suoi fondamentali studi di idraulica. Castelli, applicando ai fluidi, in specie alle acque, i metodi di ricerca di Galileo sui piani inclinati, fu il primo a trattare matematicamente la scienza idraulica. In Viganò si trovano, oltre agli altri lavori del monaco benedettino, tutte le varie edizioni della sua opera più importante, Della misura dell’acque correnti, dalla princeps romana del 1628 alle edizioni di Roma, per Francesco Cavalli, del 1639 e di Bologna, per gli eredi del Dozza, del 1659-1660. Non mancano poi le traduzioni in inglese di Thomas Salusbury (Londra, William Leybord, 1661) e quella in francese a cura di Pierre Saporta (Castres, Bernard Barcouda, 1664). Completa è la bibliografia di Bonaventura Cavalieri, con numerose prime edizioni (tra queste Lo specchio ustorio (Bologna, Ferroni, 1632) e ricchissima quella di Vincenzo Viviani, ove non manca il Racconto istorico della vita di Galileo, scritto in forma di lettera nel 1654 e rimasto inedito sino al 1717 quando fu inserito postumo nei Fasti Consolari dell’Accademia fiorentina per opera di Salvino Salvini.
In biblioteca sono inoltre custoditi alcuni manoscritti di argomento galileiano, tra i quali un quadernetto secentesco rilegato in carta decorata a motivi ornamentali color porpora che riporta la copia – eseguita probabilmente a poca distanza dall’originale – del Discorso del flusso e riflusso del mare, e un manoscritto ottocentesco, copia dell’edizione Firenze, Stefano Audin, 1824, che riporta le correzioni e note che Galileo appose ai margini dell’Orlando Furioso sull’edizione Venezia, F. Valgrisi, 1603.
Se la sezione antica è di assoluto livello, non meno significativa è la parte otto/novecentesca. Essa si compone di un gran numero di testi, opuscoli, estratti, articoli che coprono quasi per intero la bibliografia galileiana del periodo.