Tommaso Gallarati Scotti
Protagonista di primissimo piano per la storia culturale, politica, sociale dell’Italia del XX secolo: è la sintesi sulla figura del nobile milanese Tommaso Gallarati Scotti quale è emersa dal partecipato incontro di martedì 12 novembre 2019 Tommaso Gallarati Scotti e la Grande Guerra, promosso dall’Archivio per la Storia dell’educazione in Italia (ASE), ubicato presso la sede bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il seminario di studio è stato occasione per presentare gli atti del convegno promosso nel 2016 dal Centro Studi Tommaso Gallarati Scotti – Gruppo Intesa San Paolo (Cisalpino, Milano 2019) e il volume dello stesso Tommaso Gallarati Scotti, L’ora delle tenebre. Carnets di guerra 1915-1918 (a cura di Diego Leoni e Irene Tessaro, Donzelli, Roma 2019).
All’inizio dell’incontro, Luciano Pazzaglia (direttore dell’ASE) ha presentato un efficace ritratto biografico del duca (1878-1966): appartenente a una nobile e antica famiglia milanese, cattolico, coinvolto nelle vicende della crisi modernista, cofondatore della rivista «Il Rinnovamento»; arruolatosi nel 1915 volontario come sottotenente nel V reggimento alpini e ben presto promosso quale addetto al comando supremo come ufficiale d’ordinanza di Luigi Cadorna; su posizioni liberaldemocratiche, fermo oppositore del regime, firmatario del Manifesto degli intellettuali antifascisti, costretto a rifugiarsi in Svizzera; all’indomani della seconda guerra, nominato dal governo italiano quale ambasciatore dapprima in Spagna e poi nel Regno Unito fino a tutto il 1951; rientrato a Milano, distintosi fra i protagonisti del rilancio economico e civile della città. Acuto intellettuale e fine scrittore (collaboratore, tra l’altro del «Corriere della sera»), egli lasciava alla Biblioteca Ambrosiana il proprio prezioso patrimonio documentale, oggi accuratamente inventariato e oggetto di studi e pubblicazioni, grazie all’attività di promozione del Centro Studi Tommaso Gallarati Scotti, nato per iniziativa del prof. Nicola Raponi (docente di Storia moderna presso la Cattolica di Milano) e di cui è oggi presidente lo stesso prof. Pazzaglia.
Tra le sue carte certo spiccano i sette taccuini di guerra di recente pubblicati: ritrovati fortunosamente, questi quadernetti di piccolo formato sono stati annotati dal Gallarati con osservazioni di strategia militare, alternate a espressioni poetiche tanto intense quanto laconiche, su cui si è soffermato in particolare il prof. Giuseppe Langella, invitato a delineare la versatile personalità del nobile milanese insieme ad altri docenti e colleghi della Cattolica, i professori Cinzia Cremonini e Raffaella Perin.
Langella, dopo avere rievocato l’importante contributo dato da Gallarati al panorama letterario nazionale (fu biografo, nonché caro amico, di Antonio Fogazzaro e collaboratore di riviste quali «Il Rinnovamento» e «Il Caffè»), ha concentrato la propria attenzione sul romanzo Miraluna (Treves, Milano 1927), non tanto per il suo valore letterario quanto per gli evidenti riferimenti autobiografici in esso contenuti. Rifacendosi all’intervento tenuto nel convegno del 2016 da Francesco Spera, Langella ha ripercorso i momenti salienti della vicenda di Demo, protagonista di questo “Bildungsroman” che, alla ricerca di un senso di vivere, si arruola volontario nel primo conflitto mondiale, per poi ritrovarsi sull’orlo di una crisi che lo porterà a tentare il suicidio. Ricchissimi i rimandi alla cultura letteraria dell’Otto e Novecento offerti dal romanzo, dalle pagine delle celebri conversioni manzoniane agli echi di certe poesie di Ungaretti (Allegria di naufragi), come ben si coglie dalla lettura dei tre “canti sacri” di Gallarati apposti in calce ai Carnets di guerra, che hanno suggerito ai curatori il titolo del volume L’ora delle tenebre.
E proprio della complessità del primo conflitto mondiale si è occupata la prof. Cinzia Cremonini, che con estrema puntualità ha inquadrato in un contesto storico molto ampio la cosiddetta “Grande guerra”, espressione che si giustifica alla luce del coinvolgimento globale e delle devastazioni sino ad allora impensabili procurate da tale tragedia. Dalla relazione della Cremonini è emerso come i nefasti presupposti del conflitto risalgano al riassetto dell’Europa seguito alla caduta di Napoleone e si siano rafforzati con la diffusione della mentalità imperialista e dei progetti colonialisti di fine Ottocento-inizio Novecento: in tale fase si radicano i vari nazionalismi che, lungi dal custodire l’idea di nazione quale comunità i cui membri condividono l’etnia, la lingua, la cultura, professano un credo di sopraffazione, che porterà allo scoppio del conflitto, visto come ultimo atto del Risorgimento.
Se all’inizio della guerra poteva dunque apparire chiara la distinzione tra neutralità e interventismo, col prosieguo del conflitto il dibattito sulle due posizioni si fa delicato, come ha fatto notare la prof. Raffaella Perin, il cui intervento ha dato modo di riflettere sul comportamento delle gerarchie ecclesiastiche in tale contingenza storica e, nello specifico, sulle posizioni di Benedetto XV. A partire dall’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum papa Della Chiesa più volte pregava i capi delle nazioni belligeranti affinché ponessero fine al conflitto, da lui ritenuto un castigo divino, definito poi, il 1° agosto 1917, una “lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage”.
A conclusione della sua disamina sulla ricezione, ai più vari livelli, di questo ultimo sintagma, la Perin fornisce una chiave di lettura e di interpretazione dell’atteggiamento del pontefice che, dando pubblica voce a tale sua convinzione, non volle assecondare i suoi consiglieri.